Riconoscere l’Atteso

RICONOSCERE L’ATTESO – cambio di sostanza

«…Ed essendo venuto a mancare il vino, dice a Gesù la madre: Non hanno più vino…», giunse all’orecchio di Alëša.

«Ah, sì, mi sono lasciato sfuggire qualcosa, e non volevo lasciarlo sfuggire, amo molto quel passo: sono le nozze di Cana di Galilea, il primo miracolo. Ah, quel miracolo, quanto mi è caro quel miracolo! Cristo visitò la gioia degli uomini, non il dolore, e compiendo il suo primo miracolo, contribuì a dar gioia agli uomini…»

(Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov).

 

L’intuizione che l’Autore mette in bocca ad uno dei fratelli – Alëša – è sorprendente. Intuisce, splendidamente, che quel primo segno – che tutto Lui medesimo, segno del Padre – di Lui contribuisce alla gioia dell’uomo.

Avviene in un contesto ben più di complesso di una “festa di nozze” (Gv 2,1a); è realizzazione di profezia: “preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati” (Is 25,6).

Cana è il luogo primo di manifestazione; terzo presentato dalla liturgia. E’ terza Epifania. “Questo fu – solo – l’inizio dei segni” (Gv 2,11a). Prima la notte in cui pastori e Magi accorrono a Betlemme. Poi battesimo di rivelazione. Ora un banchetto, una festa. Nozze.

Sono le nozze del “mistero di Dio, che è Cristo” (Col 2,2b); vi sono due giovani sposi e lo Sposo. L’Atteso – “in lui abbiamo sperato” (Is 25,9b) – è il vero Sposo di quella festa.

Sono le nozze sancite con l’umanità; sono nozze eterne. La famiglia umana è legata con un patto di vino a Dio. E’ anticipo di Eucaristia; prima transustanziazione. E’ la semplice acqua ad essere tramuta in vino. E’ la ferialità ad essere macchiata di divino. Solamente poi il vino potrà divenire sangue. La sostanza del quotidiano diviene la possibilità di Dio.

Cana è sposalizio di ferialità; Egli assume definitivamente la natura umana. E’ segno; “inizio dei segni” (Gv 2,11a). E’ primo non per cronologia ma per sostanza.

E’ sensibilità che “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9); in Lui vi è tutto il Padre; tutto il Divino. E’ vino che cambia la sostanza – senza allungarla – dell’acqua; la assume, cambiandone la trama più intima.

Infatti noi “partecipiamo della pienezza di lui” (Col 2,10a); cambiati, trasformati nell’intimo. E’ miracolo; segno.

Cana diviene Epifania nel vino; Epifania dell’umano. Manifestazione nell’uomo; Egli pienamente uomo e pienamente Dio. Viene a dire che il desiderio eterno di coscienza dell’uomo è realizzato in Lui. In Lui solo la sostanza del fallibile può divenire infallibile.

A Cana viene sigillato un patto inviolabile: l’umana esistenza è assunta dal Divino; dal Mistero. Niente e nessuno potrà reclamare un divorzio da tale alleanza. Divorziare è negare la gioia in noi; è non permettere il cambiamento di sostanza.

Quel banchetto nuziale ha tratti di una transustanziazione che avviene; possibilità di Infinito in noi.

Dio si è fatto uomo perché l’uomo si facesse Dio” (Agostino).

ALESSANDRO