PIENAMENTE NOI – provocati da una Voce
Era il tipo di voce che le orecchie seguono
come se ogni parola fosse un arrangiamento di note che non verrà mai più suonato.
(Francis Scott Fitzgerald)
C’è una sorta di leitmotiv nella liturgia di questa domenica. Un verbo che ricorre in tutte e tre le letture. Ascoltare.
Voce di Uno che a me si appella: “le mie pecore ascoltano la mia voce” (Gv 10,27a). E’ suono che ci richiama nel branco dei suoi. “Io le conosco” (Gv 10, 27b); ognuna, nessuna Gli sfugge.
La Risurrezione ha dato avvio ad un’appartenenza: i cristiani sono coloro che ascoltano questa Voce. E’ Voce che ha pretesa di sovrastarne altre mille. E’ Voce che mette a tacerne mille altre.
Tale Voce, quando viene ascoltata, provoca. Mette in moto. Paolo, nell’esortare il giovane Timòteo, mette per iscritto cinque conseguenze di questa Voce in noi: “nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza” (1Tm 4,12b). Di queste cose gli chiede di essere “di esempio” (1Tm 4,12a).
E’ Voce che spinge a divenire Sua eco; nel parlare nostro si deve sentire l’Origine. Una volta ascoltata è pronta a diventare proclama, annunzio.
E’ Voce che procura una morale, un comportamento diverso da quello comune. Si è spinti a compiere cose che non penseremmo di fare; che non vorremmo fare.
E’ Voce amorevole in grado di generare carità. L’amore chiede amore. Questa Voce chiede di amare gli altri, tutti; persino chi ci è contrario.
E’ Voce che alimenta fede. Credere nasce come conseguenza ad un ascolto.
E’ Voce limpida, pura; purezza è sinonimo di santità. Dona un’ottica sul fine ultimo, sulla causa ultima: tendere alla santità.
Paolo, a Tròade, “il primo giorno della settimana” (At 20,7a), domenica, è riunito con la comunità per l’eucaristia; luogo tipologico di ascolto. Paolo è eco di questa Voce, “conversava” (At 20,7b) con loro. Porta la Parola della Pasqua, l’annuncio della Risurrezione. Li intrattiene tutta la notte, “fino all’alba” (At 20,11b). Tutto è secondario.
Questa Voce, quando entra, ha potere di parresia, di zelo. E’ novità che irrompe nell’abitudine, scossa al rischio della stanchezza, del già visto. Questa Voce è perenne novità. Energia inesauribile, forza di vita, bagliore di eternità. Chiede di osare nella fede.
Un ragazzotto, Èutico, nel bel mezzo del discorso si addormenta e cade; “venne raccolto morto” (At 20,9b). Paolo interrompe – per poi riprendere – la predicazione; scende e risuscita il ragazzo. La Voce ora dà prova di Sé. Nelle parole e nel gesto.
Non basta che si annunci; non basta che trovi eco. Ha bisogno anche di prove.
La Risurrezione chiede dei segni concreti, visibili. E’ in grado di essere portatrice di prodigi, conferma di Sé. La Chiesa, eco della Voce, continua nella storia l’evento. Se si è attenti, disponibili, pronti, si scoprirà che le parole non bastano a contenere questa Voce. Occorrono segni, miracoli a confermare che questa Voce è vera; autentica e credibile.
La domanda sorge spontanea: dove sono, questi segni?
Alessandro