Il miracolo di Bolsena

Un rito di alleanza

6 giugno 2021
SS.CORPO E SANGUE DI CRISTO (B)
Marco 14,12-16.22-26

Il senso di questa festa è l’«alleanza», il vincolo che unisce ciò che era disperso, la comunione. Ad ogni Eucaristia, ad ogni comunione, Dio mi cerca. Da tempo è in cammino verso di me… Gesù, nonostante i dubbi che abbiamo nel cuore, desidera entrare e trovare casa in noi. Tant’è che quando faccio la Comunione, sono colmo di Dio! Ogni volta però fatico a trovare le parole, e finisco per stare in silenzio. Quello che mi pare incredibile è che Dio faccia con me un patto di sangue, che io gli vada bene così come sono: sono un intreccio di ombre e di paure. 

Non ho doni da offrire, sono solo un uomo con la sua storia accidentata, che ha bisogno di cure, con molti deserti e qualche oasi; ma io non devo fare altro che accoglierlo, dire «sì» alla comunione: questo è il suo progetto, il suo lavoro dall’eternità.

Aprire le mani, la bocca, il cuore

Prendete, questo è il mio corpo. La sua parola è precisa e nitida come un ordine: prendete. Incalzante come una dichiarazione: nelle mani, nella bocca, nel tuo cuore voglio stare, come pane. Qui è il miracolo, il batticuore: Gesù non ci chiede di adorare, contemplare, pregare quel Pane, ma chiede come prima cosa di tendere le mani, di prendere, stringere, fare proprio il suo corpo che, come il pane che mangio, si fa cellula del mio corpo, respiro, gesto, pensiero. 

«Ecco il mio corpo», ha detto, e non – come ci saremmo aspettati – «ecco la mia mente, la mia volontà, ecco il meglio di me», ma semplicemente, poveramente, il corpo. Il sublime dentro il dimesso, lo splendore dentro l’argilla, il forte dentro il debole

Il Signore non ci ha portato solo la salvezza, ma la redenzione, che è molto di più. Salvezza è tirar fuori qualcuno dalle acque che lo sommergono. Redenzione è trasformare la debolezza in forza, la maledizione in benedizione, il tradimento in atto d’amore, il pianto in danza, la veste di lutto in abito di gioia, la carne in casa di Dio.


Nel suo corpo c’è tutto ciò che unisce una persona alle altre: parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore. Nel suo corpo c’è tutta una storia: mangiatoia, strade, lago, il peso della croce, il sepolcro vuoto; in quel corpo c’è Dio che si fa uomo in ogni uomo. Quando Gesù ci dà il suo Sangue, ci dà la fedeltà fino all’estremo, il rosso della passione, perché vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo e perenne della sua vita e nel nostro cuore metta radici il suo coraggio, e quel miracolo che è il dono di sé.
Neppure il suo corpo ha tenuto per sé, neppure il suo sangue ha conservato: legge suprema dell’esistenza è il dono di sé. Così va il mondo di Dio.

Si trasforma in me per trasformarmi in lui

In quella invocazione «prendete» si esprime tutto il bisogno di Gesù Cristo di entrare in una comunione senza ostacoli, senza paure, senza secondi fini. Dio in me: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. Allora capiamo che Dio non è venuto nel mondo con il solo obiettivo di togliere i nostri peccati. Il suo progetto è molto più grande: portare il cielo in terra, Dio nell’uomo, la sua vita nella mia, Come uno sposo che si dà alla sposa. 

Dio è padre, portatore dell’amore necessario per nascere; ma è anche madre, perché nutre di sé, del suo corpo i suoi figli. Ed è pure sposo, amore libero che cerca corrispondenza e ci rende suoi partners, simili a lui. “Prendete questo corpo” vuol dire: fate vostro questo mio modo di stare nel mondo. Perché il corpo di Cristo non sta solo nell’Eucaristia, Dio si è vestito di umanità al punto che l’umanità intera è la carne di Dio: “quello che avete fatto a uno di questi l’avete fatto a me”. 

Il Corpo di Cristo è sull’altare dell’Eucaristia, ma il corpo di Cristo è anche sull’altare del fratello, dei poveri, piccoli, forestieri, malati, anziani, disabili, persone sole, colpite da disgrazie… Che possiamo tutti diventare ciò che riceviamo: Corpo di Cristo!

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don Erminio