22 agosto 2021
XIII DOMENICA DOPO PENTECOSTE (B)
Luca 7,1-10
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. L’umile richiesta di un uomo
In ogni messa, prima della comunione, noi ripetiamo la confessione di fede di un centurione pagano (comandante di una centuria = cento soldati) che Gesù ha proclamato vero credente. Ancora oggi recitiamo una frase pronunciata da un uomo che viene dal paganesimo.
Quando la esprime per la prima volta, Gesù vi scopre una fede che ancora non ha trovato altrove. Andando da Gesù, non ha chiesto nulla per sé, ma per il suo servo, che “sta molto male e soffre terribilmente”. Dietro questo atteggiamento comune tra la gente nei confronti di Gesù, c’è la convinzione che non era necessario chiedere specificamente le cose. Bastava esporre il problema e Lui avrebbe fatto il resto. Una fiducia davvero illimitata!
2. La totale disponibilità di Gesù
La reazione di Gesù è istantanea e manifesta la sua disponibilità: “Io verrò e lo curerò” (v.7). Il centurione dal canto suo non si aspettava affatto un gesto così immediato e generoso! In base alla sua esperienza di ‘capo’, riteneva Gesù capace di comandare anche a distanza sulle potenze del male. Il centurione è assai audace nel considerare Gesù come un generale celeste che può comandare ai suoi angeli, come lui comandava ai suoi sottoposti.
È la prima volta nei vangeli sinottici che un uomo intuisce la personalità divina di Gesù. Ed è per questo che il centurione può fare a meno dei riti di guarigione ebraici e pagani, per affidarsi soltanto alla parola di Dio, efficace e trasformatrice.
3. La professione di fede del centurione
“Signore – fu la sua richiesta – io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa”.
Il miracolo è un segno dell’amore di Dio che interviene a nostro favore, perché è sensibile al nostro male. Egli vuole donarci tutto e soprattutto se stesso, ma aspetta solo che glielo chiediamo con fede. La grande fede del centurione rende manifesta la mancanza di fede in Israele. La semplice appartenenza anagrafica al popolo di Dio non dà a nessuno la certezza di essere salvato.
A tutti è richiesta la fede che si manifesta nelle opere. Ebbene proprio un centurione, che era un pagano, dimostra di credere senza esitazione nel potere della parola di Dio. La stessa fede nella parola di Dio permette al Signore di agire in noi.
Nei secoli passati l’azione missionaria era svolta con l’idea che fuori dalla Chiesa non ci fosse altro che vuoto ed errore. In realtà la grazia di Dio lavora da sempre in modo invisibile nei cuori di tutti gli uomini, come ci ha ricordato il Concilio Vaticano II. Il Signore prepara in tutti il terreno per l’eventuale nascita di una fede personale e libera. Riconoscere nei non cristiani tutto ciò che in loro si accorda col vangelo è già disporli a incontrare Cristo.
-- don Erminio