28 gennaio 2024
S. FAMIGLIA DI GESÙ, GIUSEPPE E MARIA (B)
Luca 2,41-52
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. La Santa Famiglia, un vero modello di vita
La festa della santa famiglia è inserita nel contesto celebrativo natalizio. Il gruppo familiare composto da Giuseppe, Maria e Gesù vi appare come modello di ben assortita e rispettabile convivenza, concordia, donazione generosa e amore reciproco.
La famiglia di Nazareth, “un vero modello di vita” con le sue virtù, percorse nella fede, nella gioia, nella sofferenza e nella prova un itinerario tutto suo, certo irrepetibile, ma anche con tanti aspetti in comunione con le famiglie di tutti i tempi.
Già all’origine, prima che questa famiglia si costituisse, c’è il dubbio legittimo di Giuseppe di fronte a Maria che risulta in attesa di un figlio non previsto. E dopo, questa nascita è tribolata: manca una casa di accoglienza e Gesù nasce in una grotta su una mangiatoia.
Segue la persecuzione del sanguinario Erode che fa fuggire i genitori con il bambino in Egitto. Poi, tornati, quando portano Gesù dodicenne al Tempio, egli si eclissa per tre giorni.
I momenti ancora più difficili sono quando Gesù lascia la casa per la sua missione che lo condurrà al tragico epilogo del Calvario, in presenza della madre, presso la croce, impietrita dal dolore.
2. La famiglia è scuola di vita
Con la celebrazione della Santa famiglia di Giuseppe, Maria e Gesù, la Chiesa vuole ricordarci tutta l’importanza che Cristo attribuisce alla famiglia in generale.
Sul piano naturale, è la cellula del tessuto sociale.
Sul piano spirituale, è la cellula della Chiesa, questa grande famiglia di Dio, che ha Dio come Padre, e noi siamo tutti fratelli di (e in) Cristo. La costruzione del Regno di Dio passa attraverso la famiglia cristiana solida e preoccupata dai valori umani e spirituali.
La famiglia è la grande scuola fondata da Dio per l’educazione degli esseri umani. È una struttura da conservare e da preservare con grande cura, soprattutto in questi tempi postmoderni di agonia della famiglia.
3. Doveri morali
In questo triste contesto, la chiesa incoraggia oggi i cristiani a fare delle loro rispettive famiglie delle “piccole Chiese domestiche”, dove si teme e onora il Signore, si pensa a santificarsi e ad offrire alla società delle persone sante.
Purtroppo, questo sembra un po’ arduo e utopistico in questi tempi odierni (post-cristiani?) di permissività, di abbandono delle virtù e di adozione elevata di una società “laica”, senza morale.
I cristiani veri non devono lasciarsi ingannare dalle mode ispirate dall’egoismo e dal progetto nascosto di “paganizzazione della società”.
L’antica sapienza esalta l’onore che i figli devono ai genitori. E’ un atteggiamento di pietà e di riconoscenza. Li devono aiutare quando sono vecchi e malati. Oltre al principio di solidarietà tra generazioni che devono ispirare questo giusto rapporto tra genitori e figli, la compassione o la pietas verso i genitori ha anche una dimensione religiosa perché apre al rapporto con il Signore della vita:
“Chi onora il padre espia i peccati… la pietà verso il padre non sarà dimenticata, ti sarà computata a sconto dei peccati”. Queste parole valgono anche per la madre.
La famiglia deve esprimere la carità che distingue il discepolo del Signore, la mansuetudine, la bontà, l’umiltà e la pazienza che sa sopportare e perdonare.
Il perdono sincero ha come modello e fonte il perdono ricevuto dal Signore. Il cristiano non è uno che perdona e non dimentica l’offesa, ma è uno che perdona e non dimentica mai di aver già perdonato. Non ritorna più sulle cose perdonate.
don Erminio