4 febbraio 2024
PENULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA (B)
Luca 7,36-50
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. La maturità della fede è l’amore
Quali le parole chiave della Scrittura di oggi per orientare il nostro cammino di vita? Dio da noi vuole amore e non sacrificio, conoscenza di lui non olocausti. Tradotto significa che a Dio non basta il culto, ma vuole che lo amiamo concretamente ed entriamo in intimità fiduciale con lui (cfr. verbo conoscere in ebraico).
Paolo, nella seconda lettura, afferma con radicalità che quest’amore e conoscenza di Dio è “vivere nella fede del Figlio di Dio”.
La donna che nel Vangelo lava e profuma i piedi di Gesù, umiliandosi davanti a tutti, testimoniando senza vergogna la fede in lui e nella sua grande misericordia è l’esempio di colei che “ha molto amato” il Signore.
La cartina di tornasole per comprendere se davvero amiamo Dio è assumerne l’atteggiamento misericordioso verso gli altri.
2. Il Signore largamente perdona
Il passo ci mostra due modi diversi di avvicinarsi a Gesù ed entrare in relazione con lui.
Il fariseo vuole conoscere Gesù più da vicino, forse per vero interesse religioso o forse per poterlo cogliere in fallo, come facevano altri suoi colleghi. Alla fine, finisce per giudicarlo.
Lui crede di sapere chi è Dio, e sa pure che un uomo di Dio non si lascerebbe toccare da una peccatrice. La questione è chiara ai suoi occhi: Gesù non vale molto, perché non ha nulla del profeta.
La peccatrice ha un approccio completamente diverso. Essa ha compreso che Gesù si dedica a tutti e offre speranza alle persone, senza distinzioni, e viene a offrirgli quello che ha: è una donna dedicata alle arti dell’amore, perciò porta il profumo che usa per il suo lavoro, e a questo aggiunge una mescolanza di lacrime e di baci.
Nel suo cuore si mescolano la sofferenza di una vita sbagliata, pentimento, speranza di un nuovo orizzonte, gioia per l’accoglienza del maestro che la lascia fare.
Di fronte al gesto della donna troviamo ancora due modi di giudicare: quello del fariseo che bolla lei e Gesù stesso che accetta questo omaggio. E quello di Gesù che interpreta il gesto della donnacome effetto del suo amore, come espressione di gratitudine per essere stata compresa e perdonata.
Gesù esprime poi più profondamente il suo pensiero con la parabola dei due debitori. Tutti noi siamo debitori insolventi davanti a Dio. Il fariseo pensa invece di essere a posto. Non esprime a Gesù alcuna riconoscenza per il suo essere portatore del perdono di Dio.
La donna si sente peccatrice, con un debito impagabile, ed è lieta di essere restituita alla vita. Il perdono di Gesù suscita amore nel cuore degli uomini che si rendono conto del loro essere peccatori. Di fronte al Signore siamo mendicanti d’amore, saremo arricchiti dal suo perdono generoso.
Va anche ricordato che spesso il nostro cuore s’indurisce perché fatichiamo a perdonarci, spesso percossi dai nostri sensi di colpa. Lo sguardo di Dio su di noi è molto più misericordioso ci quanto pensiamo.Recita il Salmo 77, 38-39: “Molte volte Dio placò la sua ira e trattenne il suo furore, ricordando che l’uomo è carne, un soffio che va e non ritorna”.
3. Il nostro è il Dio della vita
Non dimentichiamo però che i Vescovi vollero la giornata della vita per combattere il grande male dell’aborto, ancora oggi ampiamente praticato. Anche in questo caso la Chiesa è sempre pronta al perdono per chi si pente, a capire le ragioni di chi l’ha fatto, senza tacere la gravità dell’atto. Si tratta infatti di una vita umana soppressa.
Un plauso a tutti i Centri di aiuto alla vita, che rendono efficace la presenza della comunità cristiana, che non si limita alla condanna, ma appunto promuove la vita, assistendo le donne che, se sorrette debitamente, non rinunciano a generare vita, in un’Italia in cui la desertificazione della natalità ha raggiunto livelli allarmanti.
— don Erminio