5 maggio 2024
VI DOMENICA DI PASQUA (B)
Giovanni 15,26-16,4
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. La Pasqua di Paolo: “vivere è Cristo e morire un guadagno”
Paolo vuole aprire gli occhi degli uditori, come Cristo ha fatto con lui sulla via di Damasco, per far loro comprendere come il compimento delle antiche profezie, risiedesse nell’avvento del Cristo, nella sua Pasqua.
Il re Agrippa, sotto tutela romana, e il procuratore romano Festo, alla fine lo giudicano non reo di morte, ma non possono liberarlo perché Paolo si è appellato al giudizio dell’imperatore Nerone Cesare.
Il suo intento lo scrive ai Filippsei: «Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (1,21). Frase enfatica? Forse svela l’intento recondito dell’appello a Cesare: arrivare a Roma per poter proclamare il Vangelo davanti alla massima autorità del mondo di allora.
A Roma andrà e per due anni, pur sotto sorveglianza, potrà liberamente annunciare il Vangelo. Poi sarà decapitato, ma il seme è gettato e la comunità cristiana cresce.
È possibile che questa dedizione totale di Paolo abbia anche un risvolto psicologico comprensibile, Egli ha ucciso, imprigionato e torturato molti cristiani prima della conversione. Queste non sono cose che si dimenticano, soprattutto dopo aver capito l’enorme baratro apertosi nella sua vita, a causa del fanatismo religioso in cui era caduto.
Ora, Paolo offre a Cristo tutta la sua vita. Solo la forte consapevolezza della misericordia infinita di Dio può averlo salvato dall’abisso dei sensi di colpa, solo la certezza della comunione dei Santi può avergli dato la speranza che, già sin d’ora, i fratelli e sorelle da lui martirizzati intercedevano per lui presso Dio.
2. Lo Spirito rende liberi, unici, geniali
I racconti della Pentecoste sono pieni di strade che partono da Gerusalemme e di vento, leggero come un respiro e impetuoso come un uragano.
Un vento che scuote la casa, la riempie e passa oltre; che porta pollini di primavera e disperde la polvere; che porta fecondità e dinamismo dentro le cose immobili.
Lo Spirito non si lascia sequestrare in certi luoghi che noi diciamo sacri. Ora sacra diventa la casa. La mia, la tua, e tutte le case sono il cielo di Dio.
Venne d’improvviso, e sono colti di sorpresa, non erano preparati, non era programmato. Lo Spirito non sopporta schemi, è un vento di libertà, fonte di libere vite.
Apparvero lingue di fuoco che si posavano su ciascuno, nessuno escluso, nessuna distinzione da fare. Lo Spirito tocca ogni vita, le diversifica tutte, fa nascere creatori.
Le lingue di fuoco si dividono e ognuna illumina una persona diversa, una interiorità irriducibile. Ognuna sposa una libertà, afferma una vocazione, rinnova una esistenza unica.
Abbiamo bisogno dello Spirito, ne ha bisogno questo nostro piccolo mondo stagnante, senza slanci. Per una Chiesa che sia custode di libertà e di speranza. Lo Spirito con i suoi doni dà a ogni cristiano una genialità che gli è propria. E abbiamo bisogno estremo di discepoli geniali.
Abbiamo bisogno cioè che ciascuno creda al proprio dono, alla propria unicità e che metta a servizio della vita la propria creatività e il proprio coraggio. La Chiesa come Pentecoste continua vuole il rischio, l’invenzione, la battaglia della coscienza.
Lo Spirito ti fa unico nel tuo modo di amare, nel tuo modo di dare speranza. Unico, nel modo di consolare e di incontrare; unico, nel modo di gustare la dolcezza delle cose e la bellezza delle persone.
Quando verrà lo Spirito vi guiderà a tutta la verità. Gesù che non ha la pretesa di dire tutto, ha l’umiltà di affermare: la verità è avanti, è un percorso da fare, un divenire.
Ecco allora la gioia di sentire che i discepoli dello Spirito appartengono a un progetto aperto, non a un sistema chiuso, dove tutto è già prestabilito e definito.
Che in Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga. E che non mancherà mai il vento al mio veliero.
-- don Erminio