12 maggio 2024
Luca 24,36-53
Riflessione a cura di don Erminio Villa
1. Il Crocifisso Risorto si congeda
Il Risorto appare ai suoi discepoli sbigottiti e li incoraggia in una maniera affettuosa, semplice, concreta: sono io, toccatemi, datemi da mangiare.
In questo dialogo che somiglia e riprende quello di Emmaus, riportatoci da Luca, Gesù si impegna molto a illuminare il senso delle Scritture a suo riguardo. Vuol dire che esse sono essenziali anche oggi per la comprensione della sua persona e per entrare in dialogo con Lui.
2. È assicurata una presenza diversa
Dice il vangelo di Matteo: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.Quando Gesù sale al Padre, l’umanità dell’uomo è attratta nelle profondità di Dio.
Chissà come sarà possibile comporre la povertà del nostro corpo, per quanto glorioso, con l’essenza di Dio? Non possiamo dirlo. Quello che possiamo dire, e che ci rende felici, è l’abbraccio che il Padre rivolge al Figlio incarnato e quindi a tutta l’umanità e a ciascuno di noi. E il suo è un abbraccio che fa vivere. Per sempre, proprio come richiede l’amore. La forza di gravità che ci conduceva alla morte è sconfitta per sempre.
Ma Gesù ora sale al Padre e ciò vuol dire che presso il Padre è anche il nostro destino. Da qui la nostra gioia e speranza: non c’è spazio per il non senso nella nostra vita di cristiani.
Per il senso del nostro vivere è chiaro: amare come Dio ama e gioire per sempre di questo amore con i fratelli. E come non ci annoiamo mai di stare con le persone che amiamo sul serio, così non ci annoieremo mai in paradiso. A ciò si deve aggiungere che la diversa presenza di Cristo nella nostra vita, ci rende adulti e responsabili.
3. Ora è il tempo della responsabilità
Adesso tocca a noi trafficare i doni ricevuti e iniziare la catena dell’amore ricevuto e donato.
La comunità cristiana non può accettare di vivere abbandonando il mondo al suo destino, come fanno le sette e certi gruppi che si chiudono e pensano solo a se stessi e ai propri interessi. La comunità cristiana autentica sa di avere una chiamata a collaborare con Dio per il bene di tutti gli uomini. Perciò, ricomincia ogni giorno la storia della Chiesa, fatta del mio impegno, del tuo, del nostro.
E come gli apostoli dovremo stare in mezzo alla gente, credente e non, con la gioia di Cristo nel cuore e dir loro che c’è una sorgente di amore che ci aspetta a braccia aperte. Il regno di Dio è in perenne costruzione, anche con le nostre mani.
Il cielo è il simbolo dello spazio divino per eccellenza. Nel mistero della Trinità ritorna dunque Gesù con il suo corpo piagato e risorto. V’è una più profonda comunione tra Dio e la sua creatura segnata dalla sofferenza e dalla morte.
Negli Atti degli Apostoli i discepoli mostrano di non conoscere la figura di Cristo e la salvezza ultramondana: “Signore, facci star bene qui, adesso. Quando lo farai?”.
In realtà sul nostro futuro non ci è dato di sapere molto, aldilà delle previsioni catastrofiche sul cambio climatico e sulla ‘guerra a pezzi’ che si gioca nel mondo. Noi cristiani, inguaribilmente ottimisti, sappiamo solo che Gesù tornerà e ci prenderà con sé. Ci attende una dimora con molti posti. Il tempo, per noi credenti, è attesa e testimonianza di lui.
Una nuova sinodalità, un nuovo stile di cammino, che vede i laici più protagonisti attende la Chiesa!
In questo tempo di attesa del ritorno del Re, ci sono chieste essenzialmente due cose: stare insieme, generare comunità e invocare lo Spirito Santo affinché renda possibile tutto questo.
Credo sia questo il modo per ritrovare la “grande gioia” dei discepoli che, dopo l’ascensione, hanno il coraggio di tornare nella Città complessa, asservita al potere, avida e omicida, per ridare verità al suo nome: Gerusalemme, Città di pace.
-- don Erminio