23 giugno 2024
V DOMENICA DOPO PENTECOSTE (B)
Giovanni 12,35-50
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. La storia umana è storia di luce
La prima parola che Dio, il Creatore, pronuncia è “Sia la luce. E la luce fu. E Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattino: primo giorno“.
Il primo gesto creatore è stato quello che ha dissipato le tenebre, l’oscurità, il caos primordiale e ha portato la luce, principio dell’intera creazione.
E l’ultima pagina della Bibbia è di nuovo nel segno della luce: “La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna perchè la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello“.
L’intera storia dell’umanità sta tra la luce del primo mattino del mondo e la luce dell’ultimo giorno, quando la luce che è Dio stesso illuminerà l’intera umanità.
La storia umana è storia di luce. Non si dice forse che nascere è venire alla luce, mentre il morire è entrare nell’oscurità? Per questo, secondo la Scrittura, l’intero cammino della vita è un andare rischiarati dalla lampada che è la parola del Signore: “Lampada ai miei passi la tua parola e luce al mio cammino“.
2. Gesù è la luce del mondo
Non sorprende allora che Gesù si presenti a noi come luce. Quante volte questo simbolo ritorna nel vangelo! In particolare il quarto evangelo, fin dalla prima pagina presenta Gesù come luce:”Veniva nel mondo la luce, quella che illumina ogni uomo”.
E poi ancora nel dialogo notturno con Nicodemo Gesù afferma: “La luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce“.
E ancora: “Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).”Finchè sono nel mondo sono la luce d. mondo” (9,5). “Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (12, 46). Ma che cosa significa questo simbolo della luce?
Gesù non dice: tra le molte belle luci che brillano nel mondo ci sono anch’io. Con affermazione perentoria e impegnativa afferma d’essere la luce del mondo. E aggiunge: “Chi segue me non cammina nelle tenebre“.
Privi di questa luce che è Gesù siamo inesorabilmente nelle tenebre, ovvero non vediamo dove andare, siamo disorientati.
Anche questo è significativo. Diciamo: siamo confusi, incerti, mi manca l’ orientamento. Non so dove è l’oriente, là dove sorge il sole e da dove viene la luce. Se non ci apriamo a questa luce, a questo sole che sorge siamo inesorabilmente nelle tenebre, nell’oscurità e quindi disorientati. Credere in Gesù è aprirci a questa luce.
3. Credere in Gesù
È il linguaggio di Giovanni, che non adopera tanto il termine ‘aver fede’, ma piuttosto il verbo ‘credere’.Vuole sottolineare il dinamismo, il movimento che porta verso, anzi dentro la persona di Gesù.
Un breve testo del Concilio così descrive l’atto del credere: “A Dio che si rivela è dovuta l’obbedienza della fede con la quale l’uomo si abbandona tutt’intero e liberamente“.
Colpisce questo ‘abbandonarsi’ per definire il credere. Credere in Gesù è abbandonarsi con tutta la nostra persona e in piena libertà a lui. Credere in… vuol dire abbandonarsi a, quasi il movimento di chi si abbandona nelle braccia affidabili di un amico, di una persona amata.
Quante volte si sente dire: Non ho la fede, ho perduto la fede, beato te che hai la fede… quasi si trattasse di una cosa, di un oggetto che si può smarrire. Se invece dico: credo in te, mi fido di te e quindi mi affido a te, mi abbandono a te, (vuol dire che) riconosco una presenza così affidabile da abbandonarsi nelle sue braccia. Questo è il volto di Dio.
-- don Erminio