27 febbraio 2022
ULTIMA DOPO L’EPIFANIA (C)
Luca 19,1-10
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. Due ricerche fanno un incontro
Gesù entra nella casa di un peccatore. Zaccheo è un capo dei pubblicani, al servizio del potere pagano di occupazione per gestire le esattori.
Appena Gesù entra in Gerico, Zaccheo compie un gesto, tipicamente da bambino, corre e sale su un albero; un’azione che non si addice certamente ad un notabile. Gesù vuole rimanere, ossia donare alla sua casa una presenza costante e che lo farà nuova creatura.
Zaccheo nel suo peccato è aperto al passaggio di Gesù nella sua città e nella sua vita.
Probabilmente il suo desiderio di vederlo si innesta in una conoscenza, almeno superficiale, di ciò che Gesù compiva e della sua Parola che guariva il cuore di quanti incontrava, ma al tempo stesso che scuoteva le coscienze.
L’apertura di Zaccheo si intreccia nello sguardo di Gesù che lo sta cercando. Alzando semplicemente lo sguardo incontra Zaccheo e lo chiama e si autoinvita nella sua casa.
È il cammino del Figlio dell’uomo alla ricerca dell’uomo peccatore. Sembra proprio che attraverso la vicenda di Zaccheo emerga la ricerca di Gesù.
2. L’ospitalità gioiosa
Prima della sua entrata a Gerico, Gesù ha guarito il cieco nella sua cecità fisica e ora guarisce Zaccheo nella profondità del suo peccato. Il vero problema è la chiusura del cuore che non permette alla grazia di entrare e compiere opere grandi nelle nostre vite.
Zaccheo, invece, si lascia toccare dallo sguardo di Gesù e lo accoglie con “gioia”, lo stesso termine usato dall’angelo nel saluto a Maria durante l’annunciazione.
E Gesù va da un peccatore non ancora convertito, si pente dopo che Gesù entra in casa sua. D’ora innanzi la grazia, la tenerezza e la misericordia entrano nella casa e nella vita di Zaccheo.
La fretta investita nel salire sull’albero è la stessa richiesta da Gesù nello scendere per avviarsi verso casa. «Affrettati a scendere perché oggi è necessario che io rimanga nella tua casa».
Il verbo “è necessario” indica una necessità e non una costrizione, qualcosa che deriva dal disegno di Dio, e l’“oggi”, che spesso Luca utilizza, nel suo vangelo, è l’oggi della salvezza.
3. La logica dell’amare: donazione e restituzione
Zaccheo a cui è stato toccato il cuore da quegli occhi, con la sua docilità capisce e intuisce la rabbia della folla e interviene facendo la sua promessa di donazione e restituzione.
Decide di donare ai poveri la metà dei suoi beni e di restituire quattro volte ciò che ha frodato;
il primo impegno potrebbe risalire a quello richiesto dai rabbini come segno di penitenza, mentre il secondo era previsto dal diritto romano. Zaccheo con il suo gesto dona a Dio la metà della sua vita e restituisce al potere romano (allo Stato) ciò che ha frodato.
Donare e restituire: due termini che connotano un’esistenza tipicamente cristiana.
In un primo momento i personaggi sono descritti in movimento, ora invece è il tempo di fermarsi, di sostare, di rimanere.
Il termine “casa” ritorna due volte nel brano e non è solo intesa come edificio, ma significa: Zaccheo e quelli della sua famiglia.
Appare interessante iniziare il nostro percorso, segnato dall’accoglienza, con un uomo appollaiato sopra un albero, un uomo che contemporaneamente cerca di nascondersi e farsi vedere.
Eppure lo sguardo di Gesù sorpassa tutte le nostre paure e invita a farlo entrare nella nostra vita, nella nostra casa, nei nostri vissuti, come un amico e un fratello a cui sta a cuore la nostra gioia.
Mentre a noi sembra di sforzarci per cercarlo, in realtà è Lui che cerca noi e vuole solo che aderiamo al suo invito ad entrare e farlo entrare:
«Sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).
-- don Erminio