SENTIMENTUM – fratellanza
Mio fratello che guardi il mondo
e il mondo non somiglia a te.
Mio fratello che guardi il cielo
e il cielo non ti guarda.
(Ivano Fossati)
“Dov’è Abele, tuo fratello?” (Gen 4,9a).
Con questa drammatica domanda si apre la liturgia domenicale. E’ interrogativo che inchioda alle panche divenute – troppo – comode. Dove si trova quell’uomo che a me appartiene?
A precedere il culto – “va’ prima a riconciliati con il tuo fratello” (Mt 5,24a) -, la cultura della fraternità. Perché senza non vi può essere elevazione alcuna; solo religiosità a buon mercato. Il Divino, nella Sua libertà, è mediato dagli uomini prossimi a me; il più grande miracolo che accomuna perfetti sconosciuti ad una nuova familiarità.
Pentecoste dello Spirito è ristabilimento di ciò, apertura all’altro – chiunque altro – come a me destinabile. Fratello è atto spirituale profondo, possibilità di un nuovo stile di vita comune.
Dove si trova mio fratello Abele, del quale sono divenuto carnefice; io colpevole di vittimismo? Quanti Abele – resi un semplice soffio di fiato – domandano giustizia tramite “la voce del sangue” (Gen 4,10b) che grida dal suolo?
Il racconto genesiaco lascia intendere molto di più del letterale. Narra di una rivalità tra due categorie di umanità: quella nomade del “pastore di greggi” (Gen 4,2b) e quella sedentaria del “lavoratore del suolo” (Gen 4,2c). Narrazione di genti chiuse entro confini sicuri che guarda malevola l’altra parte, aperta e libera, di pastori erranti.
Mutano i secoli ma non cambiano gli uomini.
Caino è viziato, nel suo agire e nel suo intendere il reale, fin dal concepimento. La madre lo intese come oggetto “acquistato” (Gen 4,1b) e non come persona donata. Caino crebbe con questa mancanza nel cuore; giustificato a prevalere sul fratello perché prevalso dalla madre.
Alzò la mano sul fratello perché incapace di relazione; stordito e chiuso dall’invidia. “Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta” (Gen 4,4b-5a).
Non potè gradirla perché fatta senza cuore. “Per fede, Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto” (Eb 11,4a).
Avrà, forse, avuto davanti agli occhi la scena Cristo, quando saettò riguardo alla giustizia nuova che Egli venne a (ri)portare. L’omicidio è messo in relazione al fratello; la mano può levarsi contro anche con la parola. Anche questa è opera di fratricidio.
Il fratello non si tocca perché abile a rendere visibile “ciò che non si vede” (Eb 11,1b); è prova dell’invisibile, sua pedagogia.
Questa è opera dello Spirito: rifondare una nuova umanità che sappia riconoscersi fraterna, capace di azioni e opere davvero umane. Nuovo paradigma per il Terzo Millennio, sempre più impellente e necessario. Pentecoste di fraternità, coabitazione dell’unico luogo.
E scoprire che davvero “sono io il custode di mio fratello” (Gen 4,9b).
Abele, dove sei?