28 novembre 2021
III DI AVVENTO (C)
Luca 7,18-28
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. I segni che parlano
Giovanni porta avanti una predicazione forte. La sua parola di fuoco fa balenare l’opera abbattitrice della scure, quella purificatrice del fuoco e di un giudizio senza pietà.Gesù invece accoglie gli umili, è pieno di misericordia verso i peccatori, conduce il suo insegnamento con dolcezza e nel pieno rispetto delle persone.
Ma sorge un dubbio sulla vera identità del Signore Gesù; perciò Giovanni invia due suoi discepoli per accertarsi di essere nella verità: “Sei tu o dobbiamo aspettare un altro?”
In quel momento l’altro sta facendo prodigi a vantaggio dei più sfortunati, infermi o indemoniati. La risposta riportata a Giovanni descrive la scena cui hanno assistito: “I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, ai poveri è annunziata la buona novella”. E Gesù aggiunge: “E beato chiunque non sarà scandalizzato di me”.
Sembra che voglia dire a Giovanni e a noi: Badate che le mie vie non sono le vostre vie, i miei pensieri non sono i vostri pensieri. Voi vedete le cose, le persone, gli avvenimenti dal fondo della valle, io invece le contemplo dall’alto del monte della mia divinità. Sappiate accettare con umiltà la vostra limitatezza senza voler giudicare ciò che è infinitamente più grande della vostra piccolezza, della vostra capacità di comprendere.
2. Gli incontri che cambiano
L’attività di Gesù non è fatta solo di parole, ma di incontri con le persone; lui è l’uomo che stabilisce rapporti; è l’uomo-Dio che entra in comunione viva con gli uomini, anche se li contesta nei loro atteggiamenti.
Da notare che quasi sempre gli incontri di Gesù, almeno quelli ricordati dai Vangeli, hanno come fine e risultato la salute, la guarigione delle persone, nella vita fisica e spirituale.
Con questa risposta Gesù si colloca nelle attese messianiche, le porta a compimento, ma traccia delle linee di demarcazione tra le attese collegate ad un messianismo troppo localistico.
Ne viene dunque inevitabilmente la domanda sul significato dei miracoli di Gesù, visti nella linea della predicazione profetica, che già aveva anticipato qualcosa in tal senso: l’attesa del messia futuro che avrebbe riportato le cose all’armonia degli inizi.
Ma nella risposta di Gesù c’è anche un avvertimento importante: i miracoli non sono il toccasana per evitare o superare lo ‘scandalo’ delle sue scelte. La risposta è volutamente enigmatica; l’enigma sarà sciolto solo con la resurrezione.
Dunque c’è una prospettiva, che richiede ancora pazienza e speranza, perché il Dio della speranza è ancora un Dio invisibile. Ciononostante alcuni segni dicono che Dio rimane vicino all’uomo e gli dimostra il suo amore.
3. I miracoli che continuano
I miracoli anche oggi sono segno di come dovrebbe essere il nostro mondo, fondato sulla fede in Dio e sull’amore del prossimo. Il mondo non è secondo il progetto di Dio, perché noi poniamo continuamente i bastoni fra le ruote. Siamo ‘satana’ nel senso etimologico del termine: impediamo l’azione di Dio.
Dove invece, come nel Cristo, l’uomo è aperto a Dio, il mondo, almeno per un attimo, acquista il suo volto ideale e gli uomini sono restituiti alla loro dignità.
I miracoli allora diventano segno di un impegno fra gli uomini in vista della eliminazione degli ostacoli più grandi che impediscono a tutti di essere veramente se stessi. Non dobbiamo essere ingenuamente ottimisti, ma è certo che un mondo diverso è possibile già da adesso.
Non sarà perfetto – come le riserve di Gesù ci dicono – ma potrebbe essere migliore. Proviamo solo a pensare che cosa significhi annunziare il vangelo ai poveri, anche nel senso più elementare del termine e vedremo delle prospettive inedite.
-- don Erminio