24 marzo 2024
DOMENICA DELLE PALME (B)
Giovanni 11,55-12,11
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. La domenica detta “delle Palme”
È l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, preconizzato nella prima lettura dal profeta Zaccaria. Il re-messia entra su un puledro d’asina, non su un cavallo come facevano i re in tempo di guerra. Il più mite animale indica l’avvento di un’era di pace.
È lo shalom, l’armonia che solo Dio può reintrodurre nel mondo. Con Gesù tutto questo ha inizio, cresce come un germoglio, sino al tempo della sua seconda venuta. Noi possiamo contribuire a tutto questo fermando i cavalli della guerra, dell’inimicizia e della prepotenza; spezzando gli archi tesi a ferire e colpire chi c’è avverso o tale riteniamo.
È tempo di pace – ci ricorda Papa Francesco nella ‘Fratelli tutti’ – tempo di fraternità. Nella seconda lettura, Paolo ai Cristiani di Colossi questa pace tanto attesa non è un’utopia, ma il frutto della croce di Cristo.
L’arrivo di Gesù in Gerusalemme è meno trionfale di quel che può apparire. La Città era già in festa per la Pasqua ebraica. Gesù è acclamato dai discepoli, gli stessi che poi fuggiranno. Com’è volubile la gente, com’è compassionevole Dio che comprende il fragile cuore dell’uomo!
Signore, vogliamo entrare con te in questa ennesima settimana, diversa da tutte le altre: Santa. Essa, pur tinta del rosso del tuo sangue, illumina tutta la vicenda umana, le dà un senso: spendere la vita come un dono è il suo vero valore.
Aiutaci, Signore, a non lasciarci vincere dall’accidia, dal cinismo che ammorbano i nostri giorni, tieni viva in noi la speranza, la compassione, la voglia di seguirti ovunque andrai, fino alla croce. Dacci forza e coraggio creativo, per illuminare anche i giorni più bui.
2. All’amore si risponde con amore
Perché il messia è sofferente? La vicenda di Gesù ci fa capire che egli soffre per un eccesso di amore. Ma tale eccesso ci interpella e noi lo consideriamo eccessivo ed è per questo che vorremmo distogliere lo sguardo dallo stesso messia, allo stesso modo con cui vogliamo togliere lo sguardo da quelle situazioni che interpellano profondamente il nostro amore.
L’unzione di Betania è un gesto di proclamazione messianica, una consacrazione regale e una prefigurazione della morte di Gesù: costui è il re Messia, ma incamminato verso la morte.
La casa è quella di Lazzaro, la donna è Maria, il discepolo che disapprova è Giuda. Ma in questa casa di Betania c’è qualcuno che ha compreso l’eccesso di amore di Gesù e lo vuole ricambiare col suo proprio eccesso di amore versando sui suoi piedi un profumo preziosissimo.
Il richiamo continuo a Lazzaro serve all’evangelista da una parte per far capire quale sia stato uno dei motivi della condanna a morte di Cristo, dall’altra per far riflettere il lettore sul significato della risurrezione stessa di Lazzaro.
Cristo va a morire per risorgere. Non verrà alla festa? Certo che verrà, senza di Lui non c’è alcuna festa. Anzi lui stesso è la festa. Nella cena di ringraziamento, in casa di Lazzaro si spande un profumo prezioso, intenso.
Ma esso non è nulla in confronto del profumo che emana dalla persona di Cristo. È dal suo cuore che sgorgano il sangue e l’acqua che profumando l’universo, scacciano per sempre la morte.
Gesù rimprovera Giuda e con lui tutti coloro che commettono il male, e che tentano di giustificare le proprie magagne con argomenti nobili. A Giuda non importa nulla dei poveri, ma solo il suo tornaconto.
Gesù chiede di lasciar fare Maria, prima perché la riconoscenza rallegra la vita di chi la esprime e poi perché anche i discepoli devono portare nel mondo lo stesso profumo di Cristo. Altrimenti il mondo non si accorge che ci siamo.
Ricordiamoci solo che questo profumo non possiamo comprarlo, ma deve essere acquistato per travaso: dal cuore di Cristo al nostro.
— don Erminio