22 novembre 2020
II DOMENICA DI AVVENTO (B)
Matteo 3,1-12
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”
Per quanto la si legga e rilegga, questa frase non finisce di stupire e ancor più ci si stupisce del fatto (più unico che raro) che questa espressione ricorra per ben tre volte nello stesso vangelo. Sono infatti le prime parole che proclama il Battista, che annuncia lo stesso Gesù all’inizio della sua missione, e sono le primissime parole che dovranno predicare i discepoli quando saranno inviati in missione.
L’evangelista Matteo vuole così mostrare Giovanni come l’anticipatore che prepara la strada al Cristo che viene, e i discepoli come i continuatori che proseguono la sua missione. Gesù è quindi il messaggero di un evento appena iniziato con la predicazione del Battista e ormai in pieno svolgimento.
2. Il Regno di Dio viene
Il messaggio evangelico, prima di essere un insegnamento, è un annuncio, un grido di gioia: Ma perché questa espressione è così importante per l’evangelista? La risposta è chiara: perché essa contiene il kerygma, il messaggio-base di ogni missione cristiana. Nella sua semplicissima struttura, questo annuncio risulta composto da un imperativo (convertitevi!) e da un indicativo (il regno dei cieli è vicino). Quindi, un’esortazione e un’affermazione, un comportamento e un evento.
Logicamente viene prima l’evento, realizzato da Dio (la venuta del suo regno) e poi la conseguenza che ne dobbiamo tirare (la nostra conversione). Come si vede, precede l’iniziativa di Dio, poi viene la nostra risposta; prima l’avvenimento, poi il comportamento; prima il dono-pegno, poi l’impegno. Ma cos’è questo regno dei cieli? Noi pensiamo subito a qualcosa che riguarda l’aldilà: la vita eterna.
Certo avrà una sua fase ultraterrena, ma la bella notizia che Gesù ci porta (Giovanni l’anticipa) è che il Regno di Dio è in arrivo, anzi in qualche modo è già presente. La storia è arrivata alla svolta decisiva: la grande promessa comincia a realizzarsi.
3. Il regno di Dio è presente nella nostra storia
Non risolve magicamente i nostri problemi, ma là dove viene accolto nell’umiltà e nella gratitudine, lì fiorisce la pace e la giustizia, la libertà e la vera fraternità. Con Gesù è Dio stesso che viene in mezzo a noi a liberarci dalla lebbra dell’egoismo, dalla peste dell’invidia, dalla droga del successo. Ad una condizione: che operiamo una inversione ad U nella nostra vita, un cambiamento di direzione: questa è la conversione.
Ma anziché fare discorsi teorici, conviene specchiarci in una storia concreta di conversione, quella di Francesco d’Assisi. Immaginiamo di incontrare il figlio di Pietro di Bernardone: è un giovane che scoppia di vita e di sogni. E ha i mezzi per realizzarli. Il suo avvenire è senza problemi: soldi, belle compagnie, notti folli. Cosa gli manca? C’è una cosa che Francesco cerca e non trova: la felicità. Ma finché resta com’è non la troverà mai, perché scambia la gioia con il piacere, la libertà con la voglia, la verità con l’opinione. Francesco non è nato santo: lo è diventato.
Le fonti francescane ricostruiscono in modo dettagliato e convergente il processo della sua conversione: dopo varie delusioni e sconfitte, il giovane Francesco viene toccato dalla grazia di Dio e vi si arrende, disarmato e disponibile. Finora non ha vissuto una vita dissoluta; ha semplicemente immaginato di poter servire Dio e gli idoli del suo tempo: la gloria militare, il piacere di festini e corteggi, il sogno di essere il primo, sempre e in tutto. Ora si ritrova distrutto, ma dopo varie esperienze, finalmente Francesco smise di adorare se stesso Questa è la conversione più radicale: è la rinuncia al padre di tutti gli idoli, il nostro Io, per far posto a Dio; è “allontanarsi dagli idoli per servire al Dio vivo e vero”.
-- don Erminio