31 ottobre 2021
II DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE (B)
Luca 14,1.15-24
Riflessione a cura di don Erminio Villa
1. La bellezza di un invito
Nel contesto di una discussione ad ampio respiro tra Gesù ed i farisei, la parabola è la risposta di Gesù alla provocazione di uno dei loro capi, che lo aveva invitato a mangiare a casa sua, ma non aveva mancato di osservare come il suo agire non fosse “conforme” alla Legge.
Protagonista della vicenda è un uomo che ha in animo di offrire una grande cena e che, per questo, sollecita gli invitati a partecipare attraverso un suo servo; con amara sorpresa, i convocati non accolgono l’invito per i motivi più disparati: l’acquisto di un campo o di un paio di buoi, o l’essersi appena sposato; da queste giustificazioni emergono, però, le reali cause del loro rifiuto: il possesso, il commercio e il piacere.
2. Le scuse per il rifiuto
Nella Bibbia la cena è un’immagine ricorrente della salvezza che Dio offre a tutti i popoli. Il “servo”, nominato cinque volte nel racconto, è Gesù stesso, e l’ora della cena rappresenta la venuta di Gesù, che coincide con il banchetto nuziale.
Il rifiuto degli invitati è totale: all’unanimità, cominciano a giustificarsi, accampando scuse poco plausibili; in definitiva ognuno va verso l’oggetto del suo desiderio, ognuno è fatalmente attirato verso il suo proprio tesoro. Per costoro avere, guadagnare, godere vale più di Dio.
Il signore non controbatte e neanche insiste, ma ordina al servo: “esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi“. Costoro prendono il posto dei primi invitati che però hanno rifiutato, sono coloro che la dottrina farisaica escludeva dal regno di Dio: Gesù spalanca anche a loro la via che conduce alla “cena” del regno di Dio.
I primi invitati, che rifiutano la chiamata, sono invece quelli che credono di salvarsi con i loro mezzi e con le loro osservanze, ossia i farisei di tutti i tempi che però, a causa del loro rifiuto all’invito, non saranno giustificati e saranno esclusi perentoriamente dalla cena del Padre.
I giudei pensavano che il banchetto fosse offerto unicamente a loro, a prescindere dalla loro partecipazione attiva; è invece aperto a tutti i popoli, anche a coloro che venivano considerati impuri dagli ebrei. Quello che non era considerato “degno”, ora è chiamato Popolo di Dio.
3. Posti offerti a nuovi invitati
Luca precisa che le scuse addotte dagli invitati non sono minimamente sostenibili. Infatti nessuno comprava un campo senza prima vederlo, o comprava dei buoi senza provarli, oppure poteva rifiutare un simile invito perché appena sposato.
Qui si coglie ancora una volta la colpa del popolo ebraico, per non aver ascoltato e creduto in Gesù, per aver ignorato e ucciso i profeti del passato. Luca ci presenta il banchetto di “un uomo”, che qui rappresenta Dio desideroso di festeggiare con una gran cena il sodalizio con i suoi eletti (il Popolo di Israele) e che, in conseguenza al loro rifiuto, non annulla il banchetto ma rivolge quell’invito a nuovi ospiti, al suo nuovo popolo formato tanto dai giudei quanto dai gentili, dai sacerdoti quanto dagli zoppi, storpi o pagani.
La frase conclusiva chiude le porte a coloro che erano stati invitati originariamente, per aprirle verso il futuro che ora appartiene ai nuovi invitati. La salvezza del Signore è qualcosa di tanto meraviglioso e generoso quanto può esserlo un banchetto nuziale che viene esteso gratuitamente a chi sta morendo di fame e di freddo per strada.
Questo è il messaggio stupefacente dell’amore infinito di Dio, qualcosa da vivere e condividere ogni giorno della nostra vita.
-- don Erminio