Interessante ed estremamente provocatorio Paolo in questa lettera che è unanimamente riconosciuta come il suo capolavoro. Lettera frutto della maturità apostolica e di credente di Paolo, essenza della sua fede esplosa nella conversione e maturata nell’esperienza della vita a tratti eroica a tratti buffa di questo gigante della comunicazione. Saulo/Paolo qui riesce ad esprimere l’interezza del suo essere cristiano e trasmetterlo alla comunità di Roma che lui non riuscirà mai a vedere.
Provocazione.
Paolo qui provoca in maniera delicata ma decisa e colpisce duro, colpisce il cuore della resistenza ebraica al cristianesimo. Sa infatti per esperienza che non è il messaggio in se di Gesù che manda il sangue alla testa dei suoi ex confratelli ma è il Suo essere al di là della legge, il Suo proclamarsi figlio di Dio che provoca la furia ebraica. Israele si è irrigidito sulla sua legge, sua perché non è più la legge dell’alleanza di Adonai ma è diventata la legge di obbedienza a cui il popolo deve sottostare per non fare arrabbiare Dio altrimenti poi sono guai. Israele ha complicato di molto il patto di alleanza trasformandolo in un dedalo di codici, norme, regole che annullano l’uomo in un formalismo deformante e de-umanizzante. Israele ha trasformato il decalogo in oltre 600 norme che il perfetto israelita deve rispettare tutti i giorni e in questo modo ha sacrificato l’uomo alla legge, la libertà al rigorismo e la fede all’obbedienza acefala di norme capestro. Paolo lo ha capito e l’incontro di Damasco pur rendendolo cieco gli ha in realtà aperto gli occhi e lui vuole portare questa consapevolezza a tutti i fratelli.
Legge.
Paolo arriva al paradosso affermando che ” La Legge infatti provoca l’ira; al contrario, dove non c’è Legge, non c’è nemmeno trasgressione “. Sa perfettamente che le leggi sono fondamentali in uno stato civile ma sa anche che la legge contiene delle potenziali derive che nella sicurezza della applicazione e del rigorismo trasformano l’uomo di fede in uomo di giustizia, l’uomo misericordioso in uomo che cerca la giusta pena per qualsiasi mancanza. L’esaltazione della legge come unico elemento di tranquillità sociale e sicurezza porta infatti l’uomo a scordarsi di essere fragile e caduco ed esalta al contrario la ruvidità dell’applicazione della giusta pena allo sbaglio commesso. Allora la misericordia viene sostituita dalla pena e il peccatore diventa il peccato. La carità cede il posto alla rigidità e l’accoglienza al confino.
2017.
Proprio ora vediamo l’esempio pratico di quello che Paolo voleva dire. La nostra società, la nostra civiltà che ormai si chiude dietro leggi che sanno di muri invalicabili fatti per chiudere noi dentro e il mondo fuori dove l’accogliere il pubblicano, la prostituta, il povero, l’errante ( inteso come colui che sbaglia ) diventa talmente difficile da essere quasi impossibile. Leggi che diventano muri di carceri per tutti perché non è chiudendo fuori qualcuno che rende noi liberi dentro. La ricerca della sicurezza è fondamentale per vivere dignitosamente ma non è guardando dall’alto di un muro, armato fino ai denti delle leggi sempre più complesse ed articolate che potremo passeggiare sicuri la sera. Questo ci suggerisce Paolo, a questo ci invita incitandoci a ricordare che al di là della legge vi è la volontà di Dio di stabilire una relazione con noi non per costringerci in norme ma per aprirci alla legge del cuore, alla legge del perdono e della Misericordia.
Claudio