6 dicembre 2020
IV DOMENICA DI AVVENTO (B)
Marco 11,1-11
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. Un re ‘sui generis’
Gesù, arrivato dalle parti di Betfage e Betania, si arresta e invita due discepoli a cercare un asino che Gli sarebbe servito per entrare in Gerusalemme. Certo Gesù poteva scegliere tutto, ma perché proprio un asino? Gesù da delle indicazioni molto precise: “se qualcuno vi dirà: ‘Perché fate questo?’, rispondete: ‘Il Signore ne ha bisogno’”.
Perché Gesù ha bisogno di un asino? Matteo, in un passo parallelo (21,10-11) nota che con quell’asino Gesù stava compiendo un’antica profezia “Ecco il tuo re a te viene, egli è giusto e vittorioso, è mite e cavalca un asino, un puledro figlio di un’asina” (Zc 9,9). Ma ve lo immaginate un grande re che entra vittorioso in una città sopra un asino? Ma Gesù, che sapeva di essere re (“Io sono re”, Gv 18,37), è un re sui generis.
Non sopporta l’arroganza dei potenti che andavano a cavallo e predilige farsi portare dall’umiltà testarda e cocciuta di un asino: un animale sfruttato da tutti per la sua forza lavoro. Da bestia da soma, capace di portare grossi pesi.
2. Una collaborazione spontanea
I discepoli eseguono le indicazioni di Gesù: “trovarono un puledro legato (…) e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: ‘Perché slegate questo puledro?’. Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare”. Quanto Avvento c’è in quel: “E li lasciarono fare”. Si tratta di alcuni personaggi anonimi che lasciano fare ai discepoli quanto Gesù aveva detto loro di fare. Hanno solo il tempo di una domanda e questo lasciar fare, senza pretendere spiegazioni.
Figure marginali, poco appariscenti, ma che il Vangelo ricorderà per sempre. Persino padroni di un asino che diventerà più famoso di loro. Chi sono? Cosa pensano? Che idea avevano di Gesù? Anche a loro, così anonimi, viene riconosciuto un ruolo e un compito evangelico. Non sapremo mai dei loro volti, della qualità morale della loro vita, se praticavano o no la religione.
Questo ci affascina: che un atteggiamento, una semplice decisione, un consenso dato senza il tempo di pensare, sia in grado di sostenere un rapporto unico e profondo con Gesù! Di loro non si potrà dire nulla di più, ma nulla di meno di quanto dice il Vangelo, perché anche le poche parole che pure han pronunciato, entreranno a far parte della Parola di Dio. E non ci resta che contemplare con stupore e meraviglia grande che proprio questo loro assenso permetterà a Gesù di entrare come voleva in Gerusalemme.
3. Una sequela fiduciosa
Infine quei discepoli “portarono il puledro da Gesù e vi gettarono sopra i loro mantelli e lui vi salì sopra. Quelli che precedevano e seguivano, gridavano: ‘Osanna! Benedetto…’”. Anche tutta questa gente fa parte del quadro: si tratta di gente semplice che acclamandolo, lo incoraggia, anzi, lo riconosce. Come non s’aspettasse altro re che Lui in quel momento. Identificando Gesù per quel che è e vuole essere; come se quella gente fosse attraversata da un istinto, da un fiuto profondo mentre canta: “Osanna! Benedetto!”.
Anche noi Ti riconosciamo, Ti osanniamo Gesù, mentre Tu ci guardi compiaciuto dall’alto della tua cavalcatura. E dentro ci risuonano parole di pace e di consolazione: “Venite a me, voi tutti, affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Matteo 11,28-30).
Io vado avanti come quell’asino di Gerusalemme, che, in quel giorno della festa degli ulivi, divenne la cavalcatura regale e pacifica del Messia. Io non sono sapiente, ma una cosa so: so di portare Cristo sulle mie spalle e la cosa mi rende più orgoglioso. Io lo porto, ma è lui che mi guida: io credo in lui, lui mi guida verso il suo regno. Io vado avanti come un asino che porta Cristo sulle sue spalle. (Card. Roger Etchegaray)
-- don Erminio