Natale tra riso e pensiero.
Un amico sacerdote oggi mi ha girato uno pseudo articolo satirico di quella satira intelligente che fa sorridere ma che nello stesso tempo lascia un fondo amaro.
Il titolo è già un capolavoro:
“Trovato neonato in una stalla. Arrestati un falegname, una minorenne, tre extracomunitari ed un gruppo di pastori senza fissa dimora”.
Geniale già in queste poche parole il riassunto dell’essenza della natività di Cristo. Una natività volutamente “originale”, quasi nascosta o per lo meno nascosta ai potenti, circondato da una situazione sociale che è al limite del degrado ( mamma minorenne, in una stalla piena di fieno ma anche di sporcizia, avvistato da persone che non hanno una dimora per la notte perché sono a guardia delle pecore ); una nascita difficile con un percorso che sembra in salita, seguirà infatti anche un emigrazione. Una nascita da ultimo tra gli ultimi. In fondo l’essenza del messaggio di Gesù che vuole essere veramente l’ultimo uomo del mondo per non avere più nessuno dietro di Lui.
Trovato.
Però vi è ancora in altra cosa, un altra parola che mi ha colpito e che vorrei estrapolare da questo titolo ed è: TROVATO. Questa parola mi risuona molto forte e non a caso è messa lì all’inizio perché è proprio l’inizio di tutto. Quante volte abbiamo sentito che l’avvento è il periodo dell’attesa, dell’accoglienza, quante volte io stesso ho usato queste parole nelle mie prediche o nei miei scritti ma poche volte o forse mai ho usato la parola trovato. Trovato infatti indica chiaramente il rinvenimento di qualcosa di molto importante, di sostanziale; che sia stato cercato e che lo si sia trovato per caso poco importa, quello che conta è che lo si riconosce importante altrimenti non ci saremmo accorti di averlo trovato. Così il bambino che nasce fra pochi giorni, si anche Lui è stato trovato ricercato non credo, ma trovato si. Trovato da persone che avevano altro per la testa ma che si sono lasciate sorprendere da un segno, che hanno seguito un indicazione, che non hanno avuto timore della curiosità e che hanno investito del tempo e della fatica per trovare….boh. Non sapevano nemmeno cosa ricercare, non immaginavano cosa avrebbero trovato, dove sarebbero arrivati.
Mi piacerebbe che queste persone fossimo proprio noi che non pensiamo quasi più al Natale come incontro ma lo pensiamo come affanno; affanno per i regali, affanno per la spesa, affanno per il pranzo o la cena di rito, affanno per il giro parenti da completare.
Che lo vediamo semplicemente come momento tenero in cui i nostri figli vengono sommersi da attenzioni, anche solo per qualche ora, e poi vengono parcheggiati se va bene dai nonni se no dove si può perché dobbiamo pure lavorare per mantenerli.
Che lo vediamo come il momento di scarico della coscienza perché mi sento così buono che mi ricordo, o meglio, mi viene ricordato dal mondo mediatico che ci sono situazioni di precarietà che mi portano al pianto o all’apertura del portafoglio.
Insomma che vediamo il Natale con gli occhi del buonista di fine anno perché l’atmosfera aiuta ed in fondo si sa a Natale sono tutti più buoni.
Mi piacerebbe invece poter essere uno di quei pastori che al Natale nemmeno ci pensano, hanno altre cose a cui pensare ma che però sono attenti e curiosi tanto da lasciarsi “tentare”, da lasciarsi sorprendere da un segno, uno qualunque che può essere una stella nel cielo, un sorriso, un abbraccio, una poesia, un racconto oppure un articolo satirico che ti riporta a TROVARE nella grotta della tua esistenza quel bambino al limite del disagio sociale che aprirà all’uomo la sua vera identità: quella di figlio di Re.
Buon S. Natale.
Claudio