20 giugno 2021
IV DOMENICA DOPO PENTECOSTE (B)
Matteo 22,1-14
Riflessione a cura di don Erminio Villa.
1. Tutti invitati alle nozze dello Sposo
Anche qui Gesù è il Figlio di Dio che deve essere accolto. Egli è lo sposo che celebra le nozze con il suo popolo e il Padre suo invita tutti. Ma come nella storia di Israele, dove ha predominato l’infedeltà all’alleanza, anche i contemporanei di Gesù non vogliono accogliere il dono della nuova alleanza. L’Israele antico che rifiuta la fede nel Messia e si affida ai giochi di potere verrà distrutto dai Romani, prima nel 70 d. C. e poi definitivamente nel 135. Abbiamo già qui un monito anche per noi nuovo popolo di Dio. La nostra consistenza, la nostra speranza sta nell’affidamento a Dio e non in collusioni col potere.
2. “Il Regno dei cieli è simile a una festa…”
Eppure nessuno sembra interessato: gli invitati non volevano venire… forse temono una festa senza cuore, il formalismo di tutti, l’indifferenza reciproca. Forse perché presi dai loro affari, dalla liturgia del lavoro e del guadagno, dalle cose importanti da fare; non hanno tempo, loro, per cose di poco conto: le persone, gli incontri, la festa.
Proviamo una fitta al cuore: sono pochi i cristiani che sentono Dio come un vino di gioia; per i quali credere è una festa, le celebrazioni liturgiche sono festive non solo di nome. Allora il re ordina: andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze
L’ordine è di chiamare tutti, cattivi e buoni, senza badare a distinzioni, a meriti, a moralità. Invito solo all’apparenza casuale, che mostra invece la chiara volontà del re che nessuno sia escluso. È bello questo Dio che, quando è rifiutato, anziché abbassare le attese, le alza: chiamate tutti! Non si arrende alle prime difficoltà e non accetta che ci arrendiamo, con Lui c’è sempre un «dopo».
Un Re che apre, allarga, gioca al rilancio, va più lontano; e dai molti invitati passa a tutti invitati: ed entrarono tutti, cattivi e buoni. Addirittura prima i cattivi… Non perché facciano qualcosa per lui, ma perché lo lascino essere Dio! Alla fine la sala si riempì di commensali. Lo immagino così il Paradiso, come quella sala, pieno non di santi ma di peccatori perdonati, di gente come noi.
3. L’invitato senza l’abito di nozze
Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale? Sorprendente è la scena finale, nella quale c’è un invitato che non ha indossato l’abito festivo adatto alle nozze. Nel contesto del brano di Matteo significa l’adempimento dei comandamenti donati da Gesù. Si risponde all’invito con la fedeltà al regno di Dio.
Sono stati invitati buoni e cattivi, ma nessuno può restare nella condizione di cattivo. L’espulso diventa l’esempio di ciò che accade a quei chiamati che, non essendosi convertiti, non diventano eletti.
Di che cosa è simbolo quell’abito, il migliore che avrebbe dovuto possedere? Indica il meglio di noi stessi: quella trama nuziale che è la chiave di volta di tutta la Bibbia, la fede come una storia d’amore. Dal momento che Dio ti mette in vita, ti invita alle nozze con lui.
Ognuno a suo modo sposo. Parola di profeti, di salmi, di Gesù: la storia della salvezza è la storia di due mendicanti uno d’amore ed è Dio, l’altro d’amore ed è l’uomo. Quell’invitato si è sbagliato su Dio e quindi su se stesso, sulla vita, su tutto: non ha capito che Dio viene come uno Sposo, intimo a te come un amante, esperto di feste: che si fa festa in cielo per un peccatore pentito, per un figlio che torna…
-- don Erminio